Componente fondamentale per ogni industria esistente, la plastica è un fattore su cui è posto un elevato grado di sensibilizzazione ambientale, in quanto è una delle sostanze più inquinanti e soprattutto difficili da smaltire. Non tutti i rifiuti di questa categoria riescono a essere riciclati e quindi riusati: il problema di fondo è che non si riesce farla ritornare al suo stato originario senza provocare danni ulteriori all’ambiente.
Negli ultimi anni si sta parlando molto di micro-batteri e enzimi che riescano a “digerire” la plastica, ovvero di decomporla. Un gruppo di scienziati appartenente all’UK ha cercato di migliorare le prestazioni di un enzima; esso è una proteina la quale ha il compito di favorire delle reazioni biochimiche prodotte da un batterio, che a sua volta è in grado di “mangiare” la plastica.
Nel 2016 in Giappone, nei pressi di un porto è stato scopertoIdeonella Sakaiensis, questo batterio è stato in grado di degradare il polietilentereftalato, un tipo di plastica denominatoPET comunemente usato per la fabbricazione di bottiglie d’acqua. L’involucro del PET in questione che avvolge ciò che beviamo tutti i giorni, rilascia nel lungo periodo, una serie di sostanze cancerogene e tossiche. Proprio per questo l’enzima “dopato” è stato ribattezzato PETase, perché in grado di far avviare al batterio Ideonella la decomposizione del materiale plastico.
Riassumendo, l’importanza di questo processo biochimico può essere una vera e propria rivoluzione: pensate solo alle ultime notizie riguardanti i nostri mari, soprattutto attorno alle isole turistiche come le Hawaiie le Maldive, esse mostrano la formazione di vere e proprie isole plastiche di dimensioni imponenti. Il danno oltre che a livello visivo, qualora ci si imbattesse in uno di questi colossi plastici, è anche a livello ambientale il quale ha ripercussioni gravose sul sistema ittico per la sopravvivenza di specie marine come pesci, alghe e molluschi. Continuando così gli esperti dicono che nel 2050 negli oceani ci sarà più plastica che pesci; perché si sta creando un circolo vizioso che può portare alla degradazione dell’intero sistema ambientale mondiale.
Nonostante tutti gli effetti negativi possiamo intravedere uno spiraglio di speranza in queste scoperte. L’uomo grazie alla natura è in grado di portare al collasso il nostro pianeta con tutti i suoi abitanti ma al tempo stesso riesce sempre a trovare una soluzione derivante dalla Terra, in questo caso dai micro-batteri che stanno alla base del sistema animale. La Terra crea la Terra distrugge.
Tornando alla rivoluzionaria scoperta possiamo evidenziare un altro effetto positivo dell’enzima mutante che applicato a batteri esteremofili (comunemente microbi) è in grado di trasformarsi e far degradare oltre che la plastica altri materiali fino ad arrivare alla completa disgregazione delle sostanze. Questo porta a una conclusione possibile ma forse affrettata, ovvero se il nostro enzima con gli annessi micro-batteri è in grado di restituire le sostanze iniziali alla base della produzione della plastica, noi non dovremo più impiegare nuovi combustibili fossili per la fabbricazione del PET (bottiglie).
Queste descrizioni sono tutte provenienti da laboratori e sono in fase di sviluppo, ma soprattutto sono applicate a piccole quantità di rifiuto. La speranza è l’ultima a morire, come la scienza sta cercando di portare avanti nuove soluzioni per ridare al nostro Pianeta la giusta dignità, gli esseri umani in primis dovrebbero mettersi in prima persona per cercare di salvaguardarlo nel modo più giusto possibile; come Ospiti non possiamo sfigurare.
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