VICTOR VICTORIOUS: ATTO SECONDO

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Questo racconto è stato scritto e pensato come partecipazione al neverendingcontest di @serialfiller

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Tema: Pirateria
Ambientazione: Fra ‘600 e ‘800
proposto da @piumadoro

Inizialmente, non sapevo bene come impostare il mio racconto. Poi ho iniziato a scrivere e i dettagli che volevo aggiungere alla storia crescevano di giorno in giorno, tra l’altro spostando sempre più avanti nella linea temporale le parti più piccanti. Perciò una volta deciso che comunque era questa la parte della storia con cui volevo partecipare al contest ho continuato a scrivere. Trovate qui gli eventi immediatamente precedenti a questo racconto, che vi consiglio comunque di leggere per primo. Spero di riuscire a continuare nei prossimi giorni.
Mi scuso con chi sperava già in questa occasione di scoprire nuovi e fantasiosi usi di nodi, cime e gatti a nove code. Arriveranno. Ma solo dopo che avrete superato indenni la tortura della mia logorrea.

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ATTO SECONDO

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Pixabay

<Uomini, coraggio! Dietro a me, all’arrembaggio!>

La voce del Capitano risuonò limpida nella brezza mattutina nonostante il caos provocato dall’ultima scarica di cannoni e la ciurma, già tesa più della corda di un violino, obbedì con immediato e travolgente entusiasmo. I rampini presero il volo, agganciando il fianco della nave nemica, e forti braccia nerborute tirarono le cime ad essi collegati fino a che le due navi non furono fianco a fianco. Con terribili urla e armati fino ai denti, da ogni parte della fregata accorsero i pirati, assaltando i nemici al di là del parapetto, mentre i tiratori migliori puntavano gli avversari reggendosi alle cime di tribordo. La forza che si oppose all’ondata di uomini all’arrembaggio era numerosa ma non particolarmente addestrata, ma in ogni caso quanto a ferocia e sete di conquista la ciurma del Capitano Mark “Dollface” O’Malley non era seconda a nessuno e presto sottomise i nemici a filo di spada così come si era già su di loro imposta poco prima a suon di cannonate.

Come sempre, su tutti quei corpi rozzi e robusti con barbe incolte e visi resi ancor più torvi dal sadico spirito della battaglia, si era stagliata alta e carismatica, retta come un fuso, la figura elegante del Capitano. Essendo per lui impensabile rimanere nelle retrovie mentre i suoi uomini affrontavano il pericolo su suo ordine, O’Malley era stato il primo a saltare a bordo della mercantile e prima ancora che un altro tra i suoi uomini gli si fosse affiancato una delle sue pistole aveva già ucciso un nemico, mentre la seconda ne puntava un altro. Terminati i colpi a sua disposizione e senza il tempo di ricaricare, il Capitano sfoderò quindi con la destra la spada che era stata del suo predecessore ed afferrò con la sinistra un agile stiletto che lo accompagnava sin dal suo primo imbarco. Così armato, aveva guidato la carica dei suoi pirati e con loro aveva conquistato in breve tempo la nave.
La conclusione delle ostilità, a seguito della resa di capitano e ufficiali sconfitti, consentì di contare morti e feriti di entrambe le parti. Tra i primi se ne riscontrò qualche decina tra i nemici e solo due della ciurma pirata, una tra le reclute più recenti e un marinaio di maggiore esperienza che al Capitano dispiacque di aver perso. Ad entrambi sarebbero in ogni caso stati tributati i dovuti onori al calar del sole. Quanto ai feriti, quelli che appartenevano alla ciurma della Victorious furono riportati a bordo e adagiati in infermeria, mentre gli altri vennero raccolti da un lato del ponte della mercantile conquistata. Anche i restanti membri dell’equipaggio sconfitto vennero radunati sul ponte, i più restii ad affrontare il proprio destino solo dopo il caloroso invito dei pirati incaricati di setacciare la nave in lungo e in largo.

Il Capitano terminò di dare disposizioni al Secondo Ufficiale, che tornava a bordo per occuparsi dei feriti e fare una prima valutazione dei danni subiti dalla nave, poi attese un cenno di conferma da parte del Nostromo, per essere sicuro che il sopralluogo fosse terminato e tutto l’equipaggio della mercantile potesse sentirlo. Con passo deciso si fece avanti e, lentamente, passò in rassegna con lo sguardo gli uomini davanti a sé, un miscuglio di marinai semplici e militari addestrati, più un manipolo di ufficiali che avevano trascorso il combattimento appena concluso (e, sospettava, anche lo scontro a fuoco che l’aveva preceduto) relativamente al sicuro nel salotto del comandante. Questi ultimi erano stati immobilizzati e costretti in ginocchio gli uni accanto agli altri e i pirati incaricati di vegliare su di loro avevano nel frattempo provveduto a ricaricare le pistole.
Sia nello scontro in mare che nell’abbordaggio la risposta della Grand Duchess era stata poco adeguata e scarsamente efficace: prendere la nave non si era rivelato difficile né dispendioso per la più piccola fregata e la sua ciurma di pirati. Potendo ora guardare in faccia gli ufficiali del grosso vascello, il Capitano sospettava che fossero proprio loro i primi responsabili di tale patetico risultato. Un equipaggio eccellente sarebbe stato forse in grado di reagire quantomeno dignitosamente ad un attacco anche senza la giusta guida, ma a qualsiasi altro livello, per quanto buono, era il comando a fare la vera differenza e in questo specifico caso tutto indicava che gli ufficiali del vascello fossero, nel migliore dei casi, degli incompetenti e, nel peggiore, dei pusillanimi che avevano scelto di abbandonare i propri uomini al loro destino.

Mentre si apprestava a rivolgersi al suo pubblico, il Capitano ebbe un solo attimo di esitazione, evidenziato da una lieve contrazione del braccio destro, forse dovuta a un colpo sofferto nello scontro. Nel ricomporsi notò Søren, uno dei suoi marinai più anziani ed esperti, accanto a un uomo di aspetto piuttosto gradevole ed assai più ordinato degli altri, i cui polsi e caviglie erano incatenati. Curioso che una nave mercantile, partita da appena qualche giorno, avesse a bordo un prigioniero. Si accorse che, a differenza degli sconfitti, che evitavano accuratamente il suo sguardo, l’uomo lo fissava con malcelato interesse. Quando i loro sguardi si incrociarono per un attimo e il Capitano alzò un sopracciglio sprezzante nella sua direzione, l’uomo gli sorrise accennando un inchino col capo. Sfacciato. Di lui il Capitano si sarebbe occupato in seguito.

<Grand Duchess, buongiorno. Sono il Capitano Mark O’Malley e forse avete sentito parlare di me come “Dollface”. Non ritengo che un nomignolo creato dai miei avversari sia superiore al nome che mi ha dato il buon Dio, perciò vi sconsiglio di usarlo in mia presenza. Gli eccellenti uomini che vi circondano sono la valente ciurma della Victorious e, come avrete certo avuto modo di appurare, siamo pirati.
Devo informarvi che chiunque fosse, stamattina, il proprietario del carico che trasportate, ha smesso di esserlo nel momento in cui i vostri ufficiali si sono arresi a me e il carico verrà a breve spostato a bordo della nostra nave. Prenderemo anche tutto il materiale necessario a ripristinare qualunque danno subito dalla Victorious nel corso del nostro piccolo scontro e, successivamente, questa nave verrà data alle fiamme.
A ciascuno di voi, anche ai feriti, sarà data una scelta: unirvi alla nostra ciurma o lasciare indenni la nave. Come la lascerete è affar vostro, ma vi auguro ci siano scialuppe per tutti. Vi saranno dati circa quindici minuti per provvedere in tal senso, quando il trasbordo del carico sarà terminato. Chi dovesse scegliere di unirsi a noi, non lo faccia a cuor leggero. Il pregevole signor Krupp, il nostro Nostromo nonché l’uomo più massiccio che mi sia mai capitato di incontrare, è responsabile di ogni nuova recluta e state pur sicuri che prima di considerarvi parte della ciurma vi farà sputare sangue molto più di queste mammolette che vi comandavano stamattina.
Quanto alle suddette mammolette, che fino a qualche minuto fa vi ordinavano di morire sulle nostre lame standosene nascoste nei loro appartamenti, lascerò a chi di voi dovesse unirsi a noi la scelta su come disporne. Suggerimenti particolarmente creativi vi guadagneranno la vostra prima pinta di rum con la ciurma. Vi ringrazio per l’attenzione>

Con un abbozzo di inchino, il Capitano terminò il suo abituale discorso e diede un ultimo sguardo al suo pubblico. Per un attimo ci fu silenzio, poi si diffuse un flebile borbottio tra l’equipaggio, che crebbe di intensità quando gli uomini si resero conto che parlare non era proibito. Il Capitano richiamò l’attenzione del Terzo Ufficiale, il quale prese il suo posto al centro del ponte con in mano una tavoletta e un rotolo di pergamena, pronto ad appuntare i nomi delle nuove reclute. I pirati a guardia dell’equipaggio iniziarono ad incitare i marinai affinché si mettessero in fila davanti al Terzo, in modo da fare la propria scelta: chi voleva unirsi alla ciurma della Victorious veniva indirizzato a raggiungere il signor Krupp, chi sceglieva di andarsene veniva riaccompagnato in fondo al gruppo per attendere il via libera.
Il Capitano ordinò al Primo Ufficiale di iniziare le operazioni di trasferimento del carico, poi si diresse verso i feriti dell’equipaggio nemico, con l’intenzione di accertarsi personalmente della loro scelta. Con la coda dell’occhio vide che Søren conduceva l’uomo incatenato nella sua direzione, come immaginava avrebbe fatto. Non diede loro particolari attenzioni fino a che non furono al suo fianco e Søren gli rivolse per primo la parola.

<Capitano, quest’uomo era in una delle cabine degli ufficiali ma incatenato, Signore.> Il Capitano si rivolse verso di loro e sorrise a Søren, ringraziandolo. Poi spostò il suo sguardo sull’uomo.
<Signore, buongiorno. Avete un nome?>
<Xander Sinclair, Capitano. Buongiorno a Voi.>
<I miei uomini mi chiamano Capitano, Xander Sinclair. Per Voi sono il Capitano O’Malley.>
<Giustappunto, Capitano O’Malley. Stavo giusto dicendo al Vostro buon marinaio qui che vorrei mettermi in fila con gli altri, voglio unirmi alla Vostra ciurma.>
<La mia offerta era rivolta all’equipaggio della Grand Duchess, Signore. Voi evidentemente non ne facevate parte. E vi dirò di più, non credo siate mai salito a bordo di una nave se non come passeggero. O prigioniero.>
<Non sbagliate, Capitano O’Malley. Ma sono disposto a imparare. State offrendo anche a questi feriti la possibilità di unirsi a Voi e alcuni sono gravi. Dovessero farcela, ci vorrà tempo perché possano esserVi utili. In quel tempo Vi assicuro che potreste scoprire anche in me una valida risorsa.>

Il Capitano non tentò nemmeno di nascondere il proprio scetticismo e lo sguardo che rivolse alle candide e lisce mani del prigioniero fu alquanto eloquente. L’uomo sembrava voler aggiungere qualcosa, ma in quel momento il marinaio ferito ai loro piedi ebbe un sussulto e si alzò quel tanto che gli consentì di afferrare il Capitano per un braccio, tirandolo a sé. Il Capitano non riuscì a mascherare una smorfia di dolore, ma subito indicò a Søren, che già sguainava la spada, che non era necessario intervenire. Si chinò verso l’uomo per ascoltare cosa avesse da dire.

<Pirata.> La voce dell’uomo era rotta dallo sforzo di formulare anche solo poche parole e ad ogni frase si interrompeva per prendere fiato. <Sono vecchio e ferito gravemente. Non potrei mai scappare. Ma ne ho passate troppe per colpa di gente come voi per voler morire da pirata. Mi avete già ucciso in questo attacco. Completate l’opera. Non fatemi morire tra le fiamme.> Le ultime parole furono soffocate da un forte attacco di tosse con il quale il vecchio marinaio macchiò di sangue il ponte sul quale avrebbe presto esalato l’ultimo respiro, ma il Capitano ne comprese comunque il senso ed estrasse lo stiletto. Inaspettatamente, il prigioniero si inginocchiò accanto a lui, con estrema circospezione al fine di non creare allarme. Ciò non impedì a Søren di estrarre la propria spada, puntandogliela alla schiena, ma l’uomo cercò di mantenere un contegno sereno e si rivolse nuovamente al Capitano.
<Capitano O’Malley, non so nulla di navigazione e pirateria, è vero. Ma conosco la vita e conosco la morte e so come gestire entrambe. Lasciate che Ve lo dimostri compiendo per Voi questo atto di pietà nel modo più rapido possibile.>

Il Capitano lo guardò costernato. Si aspettava forse che consegnasse la propria arma ad un prigioniero a pochi centimetri da lui. Guardandolo dritto negli occhi, però, il Capitano non vi trovò alcuna malizia o crudeltà e per un attimo soltanto accarezzò l’idea di accontentarlo. Søren teneva la punta della spada già appoggiata tra le scapole dell’uomo e Mark O’Malley pensò che, dopotutto, se questo suo errore si fosse rivelato fatale perlomeno il colpo decisivo sarebbe stato inferto dalla sua stessa lama. Sperava solo che non lo spogliassero, prima di tributargli i dovuti onori funebri. Senza mai spostare gli occhi da quelli del prigioniero, rivolse verso di lui l’elsa dello stiletto. Questi l’afferrò e sembrò in forte difficoltà al momento di spostare il proprio sguardo dagli occhi del Capitano al marinaio ferito, ma così fece e, assumendo un’espressione decisa, appoggiò il palmo sinistro sul petto dell’uomo, puntandogli la lama al cuore con la destra, lo stiletto leggermente inclinato verso il basso. Si scambiò un fugace sguardo con il moribondo, che gli fece un cenno quasi impercettibile, e senza esitazione affondò la lama nel suo petto, ponendo fine alla sua vita. In silenzio, estrasse la lama e la riconsegnò al Capitano, rialzandosi poi lentamente in piedi sperando di non finire infilzato da Søren. Alzandosi a sua volta, il Capitano lo guardò per la prima volta con un certo rispetto.

<Chi si occupa dei Vostri feriti, Capitano O’Malley?>
<Dei miei uomini mi sono sempre occupato io, Signore. Con l’aiuto di alcuni altri.>
<Non avete un medico, dunque.>
<I medici, Signor mio, nella mia esperienza hanno dedicato troppo tempo a una vita di studio sedentaria per apprezzare la pirateria.>
<Ebbene in questo caso Vi sbagliate, Capitano O’Malley. Io sono un medico e se mi volete sarò al Vostro servizio.> La reazione del Capitano, in questo caso, fu di sorpresa.
<Un medico, dite?> chiese, massaggiandosi distrattamente il petto, sotto la spalla destra. Ma il momento di distrazione durò assai poco e il Capitano tornò ad osservare il Dr. Sinclair con sospetto. < Credevo quelli come Voi facessero un voto di non violenza o qualcosa del genere.>
<Non esattamente. Ma i termini esatti del giuramento sono irrilevanti. Si dà il caso che io non abbia ancora avuto la possibilità di pronunciarlo.>
<Xander Sinclair, mettete a dura prova la mia già scarsa pazienza. E se c’è una cosa che tollero meno delle perdite di tempo sono le menzogne, perciò scegliere accuratamente le vostre prossime parole. Siete o non siete un medico?>
< Ho completato gli studi da poco. Non ho ancora prestato giuramento.>
<Esperienza sul campo?>
<La pratica ha fatto parte del mio percorso di studi, ma confesso di non averne fatta quanta avrei voluto.>
<Esperienza di combattimento?>
<Sono un gentiluomo, Capitano O’Malley. Sono stato addestrato all’uso della spada e della pistola. Ho affrontato e vinto un duello, una volta. Non ho mai combattuto, ma ho le conoscenze necessarie per addestrarmi con i Vostri uomini, se lo riterrete necessario.>
<Fino ad ora ce la siamo cavata più che egregiamente senza un medico e nel nostro settore, per così dire, sono certo sia considerato un lusso trascurabile. Perché dovrei prenderVi con noi?>
<Non chiederei niente di più di quanto spetti a qualunque altro membro della Vostra ciurma. Non soffro il mare. So difendermi. Non ho paura di guadagnarmi il mio posto tra voi. E quanto alla mia professione, se anche vogliamo considerarla un lusso non è certo qualcosa che potrà impoverirVi. Alla peggio potrei rivelarmi inutile ma, ritengo, mai dannoso.>

Il Capitano fissò l’uomo per un lungo momento. Poi annuì, quasi tra sé e sé, e si rivolse a Søren, che ancora teneva la spada puntata verso il dottore.

<Søren, accompagnate a bordo il nostro nuovo Dottore, liberatelo delle catene e portatelo in infermeria, che si metta immediatamente al lavoro. Presentatelo al Signor Wolf, se è ancora lì. Poi tornate qui a supervisionare lo spostamento dei feriti che vorranno unirsi a noi.> Si rivolse poi un’ultima volta verso il Dottore. <Entro stasera voglio sapere chi supererà la notte e chi non dovesse farcela. Fossero necessari altri “atti di pietà” mi rimetto al Vostro giudizio, ma mi aspetto un rapporto completo al riguardo.>
<Vi ringrazio, Capitano O’Mall… Capitano! Non ve ne pentirete.>
<Questi è certo, Dottore. Tradite la mia fiducia e sarà l’ultima cosa che farete.>

Con queste ultime parole si voltò ed era in procinto di allontanarsi, quando il Dottore attirò nuovamente la sua attenzione.
<Capitano. Non volete sapere perché mi tenevano prigioniero?> Il Capitano non si voltò nemmeno, ma rispose allontanandosi.
<Siamo pirati, Dottore. Qualunque cosa possa aver portato un uomo come Voi ad avere delle catene ai polsi non sarà certo peggiore di ciò che noi facciamo in un giorno di riposo. Me lo racconterete stasera a cena, nei miei appartamenti, dopo il tributo funebre ai caduti.>

Saltò senza sforzo apparente sul parapetto della Grand Duchess e con un secondo balzo era già sul ponte della sua Victorious, ma non prima che il Dottore scorgesse l’ombra di un ghigno soddisfatto sul suo volto. Una ricca mercantile, bottino, scorte, materiali, nuove reclute e un Dottore: una gran bella giornata di lavoro, tutto considerato. Ed era appena cominciata.

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<E questa, ragazzi, è la storia di come ho conosciuto vostra madre.>

I due bimbi avevano ascoltato rapiti la storia del padre e ancora sedevano mezzi imbacuccati nei lettini, gli occhi grandi come la luna e boccucce leggermente aperte. La piccola Xenia fu la prima a reagire, lanciando un urletto gioioso e battendo le manine entusiasta: <Bello. Bravo papino, sei stato bravissimo!>
Mark, invece, sembrava confuso. <Papà, ma la mamma in questa storia dov’era? C’era Søren, c’era Wolf, c’eri tu… c’era un Capitano che si chiamava come me…>
Xenia scoppiò in una risata fragorosa. Aveva cinque anni e come tutte le bambine di cinque anni, aveva già capito tutto. <Ma che stupido che sei! Era mamma il Capitano, no?! Faceva finta di essere un maschio, prima.>
<Prima di cosa?> Mark, che di anni ne aveva sette, in teoria queste cose già le sapeva e avrebbe dovuto ricordarle, ma era rimasto talmente rapito dalla storia (e dal sonno, ma questo non l’avrebbe mai ammesso) da trovarsi ora perplesso da questo sconvolgimento di prospettiva.
<Prima di te, ovviamente, ragazzone,> rispose il padre. <Ti ricordi quando è nata Xenia? La mamma era gigantesca! E questo succede solo alle donne: difficile continuare a fingersi un maschio a quel punto.>
<E anche tu l’hai scoperto allora?>
<No, tesoro, io lo sapevo da prima. Ma questa è un’altra storia.>
<E tutti gli altri non sono rimasti molto sorpresi?>
<Alcuni sì e altri meno. Ma ora andate a letto, altrimenti il Capitano O’Malley me la farà pagare.>
<Ma no, papà. Ora che sei un suo uomo, puoi chiamarla anche solo Capitano!>
<Giusto, Xenia. Sei stata molto attenta. Adesso a nanna, però.>
<E quando ci racconti il resto?>
<Forse domani, Mark. Ora dormite.>

Xander rimboccó a entrambi le coperte e spense la luce. Il sonno dell’innocenza e il dolce rollio della Victorious alla fonda avrebbero fatto il resto e i due bambini sarebbero presto stati avvolti dall’abbraccio di Morfeo. Uscì dalla cabina e si voltò verso il rumore di passi decisi dal fondo del corridoio. Poco dopo, sua moglie apparve nel cono di luce dell’unica lampada rimasta accesa.

<Dormono?>
<Sí, li ho appena lasciati.>
<Peccato, avrei voluto dar loro la buonanotte. Ho fatto tardi con Wolf nel magazzino delle scorte.>
<Come vanno gli affari?>
<Tutto in ordine e niente a posto, come al solito. Ma Wolf ci sguazza, nei problemi. Hanno voluto una storia?>
<Sì. Ho raccontato loro la migliore che conosco. Il nostro primo incontro.>
<Oh divinità marine! E fin dove sei arrivato?>
<Tranquilla, solo fino a quando mi hai lasciato sul ponte della Grand Duchess e sei balzata qui…>
<... “l’ombra di un ghigno soddisfatto sul mio volto”> conclusero quasi all’unisono, sorridendo. Poi lei lo prese sottobraccio, <Cosa dite, Dottore, andiamo a letto anche noi?>
<Con estremo piacere, Capitano. C’erano giusto un paio di nodi che volevo ripassare…> Ma lei lo interruppe con un bacio.
<Ti amo, Xander Sinclair.>
<Ti amo, Mary O’Malley.>
<Cosa dicevi, su quei nodi…>


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When I'm good, I'm really good. But when I'm bad, I'm better.
Mae West

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