SIERRA STORYTELLING: SULLA STRADA DI CASA

Questo racconto è stato scritto e pensato come partecipazione al neverendingcontest di @spi-storychain

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Tema: Viaggio
Ambientazione: presente
proposto da @pawpawpaw

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<Hey, stallone! Sei in partenza?> Adam sorrise, sentendo la voce della moglie dall’altro capo del telefono.
<Ciao, amore. Sì, stavo chiudendo ora i bagagli.>
<Hai ricontrollato di aver preso tutto anche dal bagno?>
<Sì, amore, ho preso tutto. Non sai quanta voglia ho di essere di nuovo a casa. Con te.>
<Non vedo l’ora anch’io, mi sei mancato tantissimo. Non stare più via così tanto: non so più che fare, qui, per distrarmi dalla tua assenza.> Adam interruppe ciò che stava facendo e si appoggiò alla scrivania, mentre il sorriso sul suo volto si trasformava in un’espressione assai più impertinente.
< E che cosa avresti fatto per cercare di distrarti?>
<Curioso! Per saperlo dovrai aspettare stasera. Le regole sono regole…>
<Mmm… allora dovrò accontentarmi di immaginarlo, nel frattempo.>
<Oh, puoi fare molto meglio che immaginare. In viaggio accadono sempre le cose più sorprendenti.>
<Farò del mio meglio, non temere. Tu tieni il telefono a portata, in caso.>
<Sissignore, attenderò fremente. Intanto buon viaggio e a presto, amor mio.>
<A stasera, micetta.>

Conclusa la telefonata, Adam rimise il telefono in tasca, chiuse il trolley e raccolse le ultime cose dal letto, poi lasciò la stanza del riad che l’aveva ospitato in quell’ultima settimana di viaggio, consegnando le chiavi al proprietario. Bevve l’ultima tazza di tè alla menta, salutò calorosamente Mohammed e accetto di buon grado la coppia di mhajebs calde avvolte in un tovagliolo che gli porse Fatima come commiato. La coppia era stata estremamente ospitale durante il suo soggiorno a Marrakech e Fatima, cuoca sopraffina, l’aveva riempito di assaggi e spuntini ad ogni occasione, forse per consolare il novello sposo dell’assenza della giovane e bella moglie.

Scrivere per la Lonely Planet era un lavoro meraviglioso. Adam adorava viaggiare e scoprire nuovi posti, persone e culture. L’unico svantaggio era il fatto che sua moglie non fosse sempre in grado di accompagnarlo. Eva era l’amore della sua vita ed erano sposati da meno di un anno, ma era anche una psicologa a pochi mesi dalla consegna della tesi di dottorato e aveva bisogno di tutta la concentrazione possibile. Quindi, in effetti, anche per lei questo ingaggio in Marocco si era rivelato particolarmente tempestivo, pur non potendo a malincuore prendervi parte, ma gli indubbi vantaggi dal punto di vista professionale non giustificavano del tutto la lunga separazione. Adam era in Marocco ormai da quasi un mese ed era decisamente pronto a riabbracciare la moglie.

Non che nel frattempo si fosse fatto del tutto mancare la compagnia femminile, comunque. Dopotutto era giovane, affascinante e particolarmente portato per il gioco della seduzione. Conoscere nuove donne, studiarle, capire come avvicinarle, intrigarle e farsi invitare nella loro stanza per una notte o anche solo qualche ora gli era sempre piaciuto e, negli anni, aveva affinato le proprie tecniche alla perfezione. Non funzionava con tutte, ovviamente, occorreva saper selezionare le donne giuste e, in ogni caso, Adam era un seduttore etico: giocava solo con chi conosceva il gioco e mai con donne che avrebbero potuto uscirne scottate.
Da questo punto di vista, il Marocco aveva dato risultati altalenanti. Adam prediligeva sempre i “prodotti locali”, se possibile, ma nei Paesi dell’Africa e del Medio Oriente sapeva ormai che individuare la giusta compagna per la serata tra le donne del posto non era sempre facile. In tal caso, le turiste offrivano sempre una valida alternativa e nelle tre città imperiali del Marocco c’era stato solo l’imbarazzo della scelta. Nell’entroterra, invece, era stato meno fortunato, eccettuata una delle notti passate nel deserto, in cui un’inglese in viaggio con la famiglia gli si era praticamente infilata nella tenda senza particolare invito.

Nel taxi che lo riportava all’aeroporto, Adam ripensò fugacemente alle donne conosciute nel corso di quel viaggio ma, come al solito, nessuna era all’altezza di Eva, perlomeno ai suoi occhi. La sua mente tornò quindi rapidamente alle morbide curve, alle labbra carnose e all’odore dolce e irresistibile della moglie, già pregustando il momento in cui avrebbe potuto nuovamente tenerla fra le braccia, annusarne i capelli e affondare tra le sue umide carni, calde e avvolgenti. Pensò anche a cos’avesse voluto dire il suo commento di quella mattina… “non so più cosa inventarmi”. Chissà quante cose si era nel frattempo inventata, come aveva passato le serate e le notti in sua assenza e, soprattutto, con chi. Non era un ingenuo e conosceva bene la forte carica erotica della moglie, non dissimile dalla propria, perciò poteva ben immaginare che anche in sua assenza Eva non avrebbe smesso di intrattenersi nei giochi e con gli amici comuni. Mentre era in viaggio, però, preferiva non conoscere alcun dettaglio, per rimanere il più concentrato possibile sul lavoro da svolgere e non perdersi in fantasie troppo elaborate.

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L’aereo era in perfetto orario e l’imbarco iniziò non appena Adam ebbe raggiunto il gate. In coda, si dedicò al suo passatempo preferito e osservò quelli che sarebbero stati i suoi compagni di viaggio per questo primo, breve volo per Casablanca. Alcuni erano evidentemente turisti che poi avrebbe con ogni probabilità ritrovato anche nel volo per l’Italia, ma per la maggior parte la tratta interna era popolata da marocchini in trasferta di lavoro. Poche donne, ma su quello non aveva nemmeno fatto conto. Gli aeroporti erano ottimi luoghi di approccio, avendone il tempo, ma quelli che consentivano di appartarsi facilmente per consumare un fugace incontro romantico non erano molti e comunque l’aereo vero e proprio era il luogo meno adatto per dedicarsi alla seduzione, a meno di non avere la fortuna di trovarsi seduti accanto alla persona giusta.

In questo caso, Adam non ebbe tale fortuna e si ritrovò accanto ad un signore di mezza età abbastanza robusto che si rivelò essere un gioviale olandese con cui Adam scambiò qualche piacevolezza prima che il compagno si appoggiasse alla parete dell’aereo tentando di schiacciare un sonnellino. Per parte sua, Adam estrasse aveva tenuto con sé i propri appunti di viaggio, con l’intenzione di iniziare a revisionarli prima di tornare a casa, in modo da potersi poi dedicare completamente alle gioie domestiche. Quando iniziarono gli annunci di sicurezza, accortosi che il personale di bordo stava provvedendo alla dimostrazione in tempo reale si costrinse a seguire le ormai ben note procedure, per mera cortesia nei confronti di chi era tenuto a mimare svariate volte al giorno l’apertura e chiusura della cintura di sicurezza. Fu ampiamente ricompensato.
La hostess in quel momento intenta ad indicare le uscite di sicurezza era di una bellezza evidente, ma non sfacciata. Aveva un viso perfettamente ovale, coronato da un’attaccatura a V dei capelli corvini che creava l’illusione di un volto a cuore. Gli occhi, dal taglio leggermente mediorientale, erano scuri e grandissimi, magistralmente accentuati dal trucco intenso ma non eccessivo. La figura era snella e slanciata e le sue mani avevano lunghe dita affusolate, con una manicure perfetta. Portava degli occhiali importanti ma che non la nascondevano minimamente ed aveva un rossetto rosso acceso che Adam desiderò immediatamente rovinare. I loro sguardi si incrociarono per un attimo e la donna sembrò sorridergli: il suo sguardo era attento, concentrato e per nulla ingenuo. In sostanza, una vera bellezza che Adam scommetteva avrebbe potuto essere un’eccellente compagna di giochi. Peccato che il contesto non fosse dei migliori.

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Per la breve durata del volo, Adam rimase al suo posto e riordinò i propri appunti, aggiungendo o rimuovendo qualche dettaglio o correzione. Avrebbe poi lavorato sul vero e proprio contenuto nel più lungo volo da Casablanca. Già in questa prima rivisitazione, comunque, rileggere nomi e dettagli dei posti visitati nelle settimana precedenti glieli riportava facilmente alla mente. Era stato un bellissimo viaggio e il Marocco era sicuramente un Paese affascinante. Ciascuna delle tre città visitate aveva una propria magia e un’offerta architettonica, culturale e culinaria entusiasmante, ma ciò che l’aveva particolarmente conquistato era l’entroterra.

Nell’ultima parte del viaggio, soprattutto, aveva avuto modo di attraversare la regione a sud di Marrakech, dai monti fino al deserto. In Europa era appena iniziata la primavera e nella pianura marocchina le temperature erano assolutamente piacevoli, ma nel passare la catena dell’Alto Atlante aveva trovato la neve, salvo poi giungere poco prima del tramonto al confine del deserto dell’Erg Chebbi e, dopo uno spettacolare tramonto tra le calde dune, passare la notte in una tenda berbera. Ad un primo sguardo la regione racchiusa tra l’Alto Atlante e l’Erg Chebbi poteva sembrare un’infinita e immutabile distesa rocciosa. In realtà, si trattava di un susseguirsi di alture, gole e valli splendide, ciascuna con le proprie particolarità e bellezze. Rocce, sì, ma disposte in modo sempre diverso e magistrale, oltre che di una varietà meravigliosa di colori.

L’offerta culinaria non era stata certo all’altezza delle città, soprattutto per varietà, ma Adam era di bocca buona e non c’era stato cous-cous o piatto d’agnello che avesse rifiutato, il tutto sempre condito da abbondante olio di argan, di cui aveva anche fatto buona scorta nelle più diverse varietà, per cucina e cosmetica. L’alcol non gli era mancato per nulla e, in compenso, aveva scoperto di apprezzare molto il narghilè come strumento di socializzazione serale. Di tutte, comunque, la giornata che aveva preferito era stata quella nel deserto, in particolare una volta raggiunto il campo berbero e calata la sera. Ritrovarsi apparentemente immerso nel nulla, circondato da vaste dune sabbiose, illuminato solo dal tiepido chiarore di qualche lanterna, aperto all’enormità del cielo stellato era stata una sensazione magica e profonda, che l’aveva colpito restandogli dentro. Se chiudeva gli occhi un momento, poteva ancora sentire il freddo della notte sulle guance, il tepore del fuoco acceso al centro del campo e il tappeto ruvido sul quale si era steso ad ammirare la volta celeste, ricolma di stelle straordinariamente brillanti che mai avrebbe potuto ammirare da casa. Doveva assolutamente tornarci con Eva.

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Lo sbarco a Casablanca fu rapido e privo di imprevisti. Scendendo dall’aereo, Adam fu felice di trovare sulla porta la bella hostess che aveva notato alla partenza e la ringraziò con un sorriso. Nel corso del viaggio c’erano state poche occasioni di interazione, ma l’aveva trovata simpatica e cortese nel servirgli il caffè e la sua sola presenza aveva in ogni caso allietato il viaggio. Chissà se avrebbe avuto altrettanta fortuna nel volo successivo.
Una volta in aeroporto aveva un paio d’ore di layover, perciò se la prese comoda nel raggiungere il corridoio delle partenze internazionali. Giunto a destinazione, però, lo attendevano brutte notizie. Ogni gate era pieno di persone, sia sedute che in piedi, molti assiepati attorno al banco informazioni, e gli schermi che avrebbero dovuto indicare la destinazione di ciascun aereo brillavano tutti con la medesima indicazione: DELAYED. Adam raggiunse il suo gate e non fu sorpreso di trovare anche lì la medesima situazione. Raggiunse il banco informazioni unendosi al gruppetto che già lo circondava, sperando di raccogliere qualche informazione in più.

<We are sorry but there has been an unexpected strike and the airport is trying to reschedule all flights as soon as possibile. There’s nothing more we can tell you at this time.> L’impiegato della compagnia aerea cercava di tranquillizzare i passeggeri, ma a quanto pare con scarso successo, visto che a quanto pare tra i presenti nessuno parlava inglese.
<Signorina, io non la capisco, ma non c’è qualcuno che parli italiano qui?>
<I am sorry, I don’t undersant you.>
<Insomma, siamo qui ad aspettare da ore, io mi sono alzato all’alba stamattina il volo dovrebbe partire a minuti e voi non ci sapete dire niente. Che mondo!>
Adam si sentì in dovere di intervenire, ma prima che potesse farlo l’impiegato fu raggiunto da una collega, che con grande piacere Adam notò essere la bella hostess del volo precedente.
<Signori, c’è stato uno sciopero improvviso del personale di terra e l’aeroporto sta cercando di riorganizzare i voli nel più breve tempo possibile, ma per ora non siamo in grado di dirvi niente di più.> Aveva una voce sicura e musicale e un accento adorabile.
< Eh ma insomma, io mi sono svegliato all’alba: voglio andare a casa!>
<Che palle, lo sapevo che dovevamo starcene a casa.>
<Ma com’è possibile che non sappiate niente! Quando parte ‘sto aereo?>
Adam aveva sentito abbastanza. <Signori, non credo che stare qui a urlare contro questi due impiegati farà partire il volo più in fretta. Non possono dirci altro al momento, aspettiamo e ci aggiorneranno.>
Il malcontento generale non si placò, ma perlomeno le persone iniziarono a tornare ai propri posti a sedere, continuando a lamentarsi tra loro e non più contro i due poveri responsabili. Lo steward tirò un sospiro di sollievo, mentre la bella hostess sorrideva grata ad Adam. Adam rispose al sorriso e fece un piccolo cenno del capo, lieto di essere stato di aiuto, poi, rassegnato, ripercorse il corridoio in cerca di un bar in cui attendere notizie.

Un’ora dopo, ancora non si sapeva quando il volo sarebbe partito. Nessuno dei voli di quell’area dell’aeroporto aveva ancora imbarcato e i passeggeri si aggiravano annoiati per il corridoio, tra la rassegnazione e la rabbia. Adam si era posizionato al bancone del bar, dove fortunatamente servivano anche birra, e dopo aver chiamato Eva per informarla del ritardo si era rimesso al lavoro sugli appunti di viaggio. Ad un certo punto, sentì che qualcuno si era avvicinato a lui al bancone e si girò a guardare proprio mentre la bella hostess ordinava da bere. Lei si sentì il suo sguardo addosso e si voltò verso di lui, sorridendo nel riconoscerlo.

<In pausa?> chiese Adam.
<Sì,> rispose la donna. <Mi chiameranno quando i voli potranno ricominciare a partire, ma intanto devo fare almeno un paio d’ore di pausa.>
<Brutte notizie per i voli, insomma.>
<No. Non è detto. Potrebbero iniziare a partire prima della fine della mia pausa.>
<Mi spiace per gli altri passeggeri, prima. Erano un po’ alterati. Posso offrirti da bere, per rimediare>
<Non ti preoccupare, siamo abituati. Non serve che mi offri da bere. Ma possiamo bere insieme, se ti va.>
<Volentieri. Come ti chiami?>
<Liliane. E tu?>
<Adam.>
< Piacere.>
< Piacere mio.>

Arrivò la limonata che Liliane aveva ordinato e per un po’ chiacchierarono del più e del meno. Liliane si era dimostrata amichevole e ben disposta a intrattenersi con lui, ma Adam notava comunque in lei una certa riservatezza. Era, in ogni caso, una donna intrigate, dallo sguardo acuto e con un’ottima padronanza della lingua italiana. Man mano che la conversazione proseguiva, Adam era sempre più a suo agio con la donna e lei stessa sembrava essersi sciolta molto rispetto ai primi momenti. Avevano ordinato un secondo giro e ridevano assieme di chissà quale sciocchezza Adam aveva appena detto. Aveva iniziato a mostrarle i suoi appunti, raccontandole dove era stato in quelle settimane e cosa l’aveva più favorevolmente colpito. Liliane fu felice di sentire che aveva particolarmente apprezzato la serata berbera nel deserto, perché era da quelle zone che proveniva la sua famiglia e lei stessa amava farvi ritorno ogni volta che poteva.

<Liliane,> il collega della compagnia aerea si era avvicinato a loro e si scusò rapidamente con lo sguardo verso Adam prima di rivolgersi a Liliane in arabo. Parlarono qualche momento, poi Liliane annuì e lo ringraziò, congedandolo.
<Il tuo volo partirà tra altre due ore, stanno iniziando adesso con gli altri.>
<Grazie. Tu sei di servizio sullo stesso aereo?>
<No, io sono sul volo successivo.>
< E cosa facciamo nel frattempo.>
Liliane lo fissò per un momento con quei suoi occhi grandi ed espressivi. <Il mio collega mi ha detto che la stanza riservata al personale, nella VIP lounge, è libera, se voglio riposare.> Adam la guardò incuriosito e intrigato, ma lasciò che continuasse lei a parlare. <Vuoi riposare con me?>

Adam sorrise. Sembrava che da quando si erano visti per la prima volta non avessero fatto che sorridersi. Liliane annuì e si alzò, andando a pagare le sue consumazioni. Recuperando il portafogli dalla giacca, Adam mandò un veloce messaggio alla moglie, poi fu pronto a seguire Liliane.

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La stanza riservata al personale della Royal Air Maroc all’interno della VIP lounge era semplice ma confortevole, con due letti singoli da una piazza e mezzo, due poltrone, un tavolo e un bagno annesso. Liliane usò la sua chiave magnetica, per entrare, poi richiuse la porta dietro ad Adam facendo scattare il chiavistello, che avrebbe impedito ad altri colleghi di interromperli. Si posizionò al centro della stanza e guardò Adam, in attesa.
Adam le passò accanto senza distogliere lo sguardo da lei, si fermò un attimo al suo fianco, poi proseguì fino alla sedia in fondo alla stanza. Appoggiò la borsa sul tavolo e si tolse la giacca con tutta calma. Mentre ancora dava le spalle a Liliane, estrasse il telefono dalla giacca e selezionò il tasto recall, poi lasciò il telefono sul tavolo a faccia in giù.

Si voltò di nuovo verso Liliane, slacciandosi i polsini della camicia e arrotolando le maniche, e tornò ad avvicinarsi a lei. Lei aspettò fino a quando lui non le fu esattamente davanti, poi gli posò una mano sull'avambraccio e lui la afferrò per la vita, appoggiando il corpo di lei sul suo. Era la prima volta che si toccavano.

Il volto di Adam si avvicinò a quello della sua compagna, per fermarsi a pochi millimetri dalle sue labbra. Era una sua regola ferrea: al primo bacio lasciava sempre che fosse la donna a chiudere la distanza. Liliane non si fece attendere e le loro labbra si incontrarono. Quelle di lei erano morbide e fresche contro la calda bocca di lui. Si baciarono per un lungo momento, in un incastro di labbra, lingue e saliva. Quando smisero, lui la guardò dritta negli occhi.

<Parlami, Liliane. Cosa ti piace?>
<Spogliati e vediamo se ce l’hai.>
<Cosa vuoi che ti faccia?>
< Spogliami e scopriamolo.>

Adam non se lo fece ripetere.

Ricominciò a baciarla e lentamente la spinse verso uno dei due letti, iniziando a liberarla dalla divisa. Lei lo imitò e presto si ritrovarono stesi sul letto con solo l’intimo addosso. Adam apprezzò particolarmente che quello di lei fosse di pizzo nero e glielo disse. Lei gli chiese di continuare pure ad ammirarlo mentre glielo toglieva.

Quando lei sfilò i suoi slip, la sua erezione era già ben evidente. Lei lo sospinse di schiena verso il materasso e afferrò il suo membro tra le dita lunghe e affusolate, sollecitandolo ancor di più. Si leccò la mano per un po’ di lubrificazione aggiuntiva e continuò a massaggiargli l’uccello, dalla base alla punta. Lui iniziò a mugugnare, ma quando lei incluse nelle sue attenzioni anche i testicoli, solleticandoli, stringendoli e massaggiandoli l’uno contro l’altro, aumentò decisamente il volume, mentre lei lo incoraggiava anche a parole.

La lasciò continuare fino a che non si sentì più duro del marmo, poi la afferrò per le cosce e la ribaltò sul letto, coprendola col proprio corpo. Lei aveva già le gambe spalancate, sotto di lui, e lui vi si posizionò in mezzo. Con una mano, esplorò la sua femminilità, trovandola umida e pronta per lui. Si soffermò brevemente sul suo clitoride, guardandola in viso mentre la sua eccitazione cresceva e le gote le si arrossavano in maniera estremamente accattivante. Più Liliane si eccitava, più le sue mani, quasi istintivamente, giocavano con i seni floridi e tondi, titillando i capezzoli turgidi.

<Basta, ti prego. Mettilo dentro.>

La penetrò in un unico movimento, rapido e deciso, e il corpo di lei non oppose alcuna resistenza. Lei emise un gemito di soddisfazione e mentre una mano rimaneva sul proprio seno, l’altra lo afferrò per l’avambraccio, che poggiava accanto alla sua spalla. Iniziarono a muoversi in un ritmo lento e via via più sincopato, rincorrendosi nel gemere e nell’ansimare. Lui sembrava instancabile e lei si abbandonava al piacere con languido trasporto, lasciando che l’avvolgesse e la riempisse. Quando infine Adam fu certo che la sua compagna fosse stata adeguatamente soddisfatta, la afferrò per i fianchi e aumentò ancora il ritmo fino a che, in poco tempo, non si sentì sopraffare da un brivido di piacere che attraversò tutto il suo corpo, fino a farlo venire mentre ancora la sua vagina gli pulsava attorno.

Si accasciarono l’uno accanto all’altra, stanchi e soddisfatti, e stavano probabilmente per assopirsi quando un cicalino risuonò dalla giacca di lei abbandonata sul pavimento. Il mondo esterno stava richiamando la loro attenzione: era ora di tornare al gate.

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Quando si furono salutati al gate di Adam con un ultimo sguardo e un ultimo sorriso, lui recuperò il telefono e selezionò un’altra volta l'ultimo numero chiamato. Eva rispose al secondo squillo.

<Cavoli, era bollente! È stato eccitantissimo. Chi era dove l’hai trovata?>
<Non ci crederai mai. La hostess di cui ti avevo parlato prima: anche lei aveva un volo in ritardo e una stanza a disposizione per riposarsi. E voilà!>
<Hai visto che avevo ragione: in viaggio può succedere di tutto.>
<Quanto sei saggia, amore mio. E zozza. Soprattutto zozza.>
<Assolutamente. Adesso ho ancora più voglia di vederti tornare. Sbrigati con quell’aereo!>
< Agli ordini mia adorata.>

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When I'm good, I'm really good. But when I'm bad, I'm better.
Mae West

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