Tema: Musica
Ambientazione: Giappone
proposto da @deathrays
Il famoso incrocio stradale di Shibuya, Tokyo, con attraversamenti pedonali in ogni direzione, anche diagonali Pixabay
Voglio cavalcare il vento
e volare sino ai confini dei miei sogni
assicurandomi alla schiena queste ali chiamate coraggio Voglio trasformarmi in uccello e mantenere il coraggio di guardare giù Non mi arrenderò alla realtà dei giorni che passano
風に乗って夢の彼方へ飛んで行きたい
勇気という翼をつけて
鳥になって見下ろす心、持ち続けたい
リアルな日々に負けないよう・・・
Kaze ni notte yume no kanata he tondeikitai Yuuki to iu tsubasa wo tsukete Tori ni natte miorosu kokoro, mochitsuzuketai Riaruna hibi ni makenai you...
Slayers TRY 1° OP
Cantata da: Hayashibara Megumi
Testo: Arimori Satomi
Traduzione della traduzione inglese disponibile su Anime Lyrics
Tutti i viaggiatori hanno un viaggio della vita. Quello che sognano, immaginano, bramano e aspettano. Quello lungo e costoso, per cui bisogna risparmiare denaro e giorni di ferie. Perché una volta che lo fai tanto vale farlo al massimo.
Sierra e Victor di viaggi della vita ne avevano due e nemmeno uno a testa, bensì due pienamente condivisi, una delle tante cose che avevano in comune. Il lavoro di Victor era ben pagato e particolare, consentendogli di godere di ferie abbastanza lunghe a intervalli regolari. Sierra, invece, era dipendente e da sempre scherzava con Victor dicendogli che, per non bruciarsi le ferie di un anno, per almeno uno dei due viaggi avrebbero dovuto usare la licenza matrimoniale.
Nonostante l’anello tardasse ad arrivare, il consenso tacito sembrava essere che quest’ultima opzione fosse riservata alla Route 66, tanto più che Sierra aveva dei parenti, negli Stati Uniti, cui avrebbe volentieri fatto visita appena sposata, così da evitare loro l’onere di un viaggio di famiglia fino all’Italia.
Restava fuori il Giappone.
Terra lontana, dalla storia particolare e dalle ancor più inusuali tradizioni. Del Giappone conoscevano entrambi mille cose e dettagli grazie alla passione per manga e anime che li aveva accompagnati sin dall’infanzia, ma chi poteva dire quante di quelle cose fossero vere e quante esagerate ai fini narrativi? Era fondamentale, prima o poi, andare a scoprirlo di persona.
Ma con che soldi. E quando?
Poi la sorpresa. Sierra aveva partecipato, quasi senza pensarci, ad un concorso online, uno come tanti ma che metteva in palio due biglietti a/r per il Giappone. Del tutto inaspettatamente, aveva vinto e, ancor più sorprendentemente, il premio era effettivamente un viaggio per due andata e ritorno per il Giappone completamente spesato. Ovviamente, solo il viaggio e in classe economica, ma i biglietti erano pagati per intero, senza esclusione di tasse aeroportuali o amenità varie e senza particolari vincoli temporali, eccetto l’accortezza di prenotare con un certo anticipo. Ciliegina sulla torta, le prossime ferie di Victor erano in programma per aprile, giusto in tempo per l’hanami, la fioritura dei ciliegi, il periodo ideale per qualunque fan de Sol Levante. Pochi giorni dopo la vittoria, avevano prenotato.
L’attesa era sembrata infinita, ma giorni, settimane e mesi alla fine erano trascorsi ed erano arrivati aprile e il giorno della partenza. Sia Sierra che Victor erano entusiasti del viaggio e impazienti di partire, ma già all’aeroporto Sierra cominciava a pentirsi.
Victor la costringeva ad ascoltare le sigle originali degli anime da quando si conoscevano: aveva pennette USB cariche di file in ogni auto e ne aveva preparata una anche per quella di Sierra, in più spesso tirava le canzoni fuori da YouTube in casa anche (e soprattutto) quando Sierra cercava di ascoltare qualcos’altro, qualsiasi cos’altro. Sierra era sempre stata più interessata ai manga che agli anime, ma ciò nonostante era comunque una grande fan delle sigle… italiane, però. Essendo sempre stata molto portate per le lingue, tra l’altro, era abituata a capire le canzoni che ascoltava in inglese, spagnolo e, a tratti, francese. Ascoltare canzoni in giapponese non era decisamente la sua idea di intrattenimento musicale. Prima di conoscere Victor ne aveva solo due, nell’ipod, di un anime che aveva guardato in originale preparando l’esame di economia politica.
Capiva l’appeal. Avendo ascoltato quella sigla decine di volte, leggendone la traduzione in sottotitoli, aveva avuto modo di memorizzarne il significato e riconosceva le diverse parole del testo. Il ritmo era orecchiabile e si divertiva ad ascoltarla. Quella singola canzone, però. Non le decine di canzoni apparentemente tutte uguali di cui non capiva provenienza, collegamenti, testo o sillabazione, ma che Victor invece conosceva a memoria e cantava in continuazione.
Con l'approssimarsi della partenza, la situazione era, se possibile, degenerata ulteriormente. Non ascoltavano altro che musica giapponese, con la scusa di ripassarla (Victor) e impararla (Sierra). Sierra non riusciva a immaginare quando conoscere quelle canzoni si sarebbe rivelato in qualche modo utile. Sicuramente non per la lingua, considerato che non avevano modo di sapere quanto accurata fosse la traslitterazione dei testi e quanto eventualmente poetizzato o attuale fosse il linguaggio originale. Probabilmente nemmeno a livello culturale, considerato che anche in Italia in tantissimi conoscevano le varie sigle ma rarissimamente capitava di farne argomento di conversazione o fonte di ispirazione.
Ma Victor non sentiva ragioni e insisteva che la musica li avrebbe aiutati ad entrare nel mood. Sierra scuoteva la testa rassegnata e continuava a cincischiare col telefono, mentre aspettava che chiamassero il loro volo, prestando la minima attenzione indispensabile all’auricolare nel suo orecchio sinistro da cui usciva l’ennesima sigla di chissà che anime assurdo. Quasi sicuramente uno di quelli di robottoni che a lei non erano mai interessati. Perlomeno, una volta sull’aereo avrebbe potuto sfruttare l’intrattenimento di bordo per sfuggire all’ascolto.
Statua di Gundam di 20 metri che si erge a Tokyo, davanti al Diver City Mall Pixabay
Fai bruciare la tua passione
Un giorno afferreremo sicuramente i nostri sogni
Inizia a correre senza voltarti indietro
E vai alla carica nella fredda notte
熱くなれ夢みた明日を
必ずいつかつかまえる
走り出せ振り向くことなく
冷たい夜を突き抜けろ
Atsuku nare yume mita ashita o
Kanarazu itsuka tsukamaeru
Hashiridase furimuku koto naku
Tsumetai yoru o tsukinukero
Shin Getta Robo
Cantata da: Tamura Naomi
Testo: Tamura Naomi
Traduzione della traduzione inglese disponibile su Anime Lyrics
L’arrivo a Tokyo era stato spettacolare.
Durante il volo, Sierra era effettivamente riuscita ad evitare di riascoltare la playlist di Victor un altro migliaio di volte. In compenso, erano stati entrambi estremamente appagati dalla programmazione dell’intrattenimento di bordo, che comprendeva svariati anime di ogni genere ed anche qualche live action tratto da fumetti giapponesi. La scelta era talmente ampia che Sierra era riuscita a cavarsela con solo qualche episodio di Daitarn III (una delle poche sigle originali che riconosceva, tra l’altro), dedicandosi poi a qualche shojo, qualche maghetta e un paio di film, tra cui il recente Ghost in the Shell con Scarlett Johansson, che nonostante le molte polemiche aveva apprezzato già al cinema.
Erano atterrati in Giappone che già calava la sera e il trasferimento in città era stato abbastanza lungo, per quanto estremamente ben organizzato. Ne furono, però, molto ben ben ricompensati. L’hotel che li avrebbe ospitati per le cinque notti successive era centralissimo e quando emersero dalla metropolitana si ritrovarono nel cuore pulsante di Shibuya. Tutto attorno a loro era luce e movimento. Una fiumana di gente passava loro accanto in ogni direzione: lavoratori che cercavamo di rientrare a casa, altri turisti già più sfamati di loro, gente comune e, per la loro estrema gioia, qualche cosplay e numerosi gruppetti di ragazze abbronzatissime e agghindate nei modi più estremi, bizzarri e sfarzosi, le famose ganguro e kogal che fino ad allora avevano visto solo disegnate. Esistevano davvero! Sierra dovette trattenere Victor dall’insegurne immediatamente un gruppetto o due.
Nella confusione e affardellati dai bagagli non fecero in tempo nemmeno ad ammirare la statua di Hachiko, dalla quale si ripromisero però di tornare quanto prima. Riuscirono a trovare l’hotel e a sistemarsi, ma l’emozione era tanta e tale da impedire ogni ulteriore indugio e si ributtarono immediatamente tra la folla, ora ben più leggeri e pronti a riempirsi occhi, orecchie e narici di tutto lo splendido caos perfettamente ordinato che li circondava. Girovagarono per ore, si persero e ritrovarono, guardarono ogni vetrina, ogni palazzo, ogni persona che incrociavano con straordinaria meraviglia. Persino le cose che a casa sarebbero state impensabili (una fila di quaranta minuti per mangiare) furono vissute con inusitato entusiasmo e il ramen così conquistato, in un baracchino tradizionale con non più di una decina di sgabelli, fu il migliore della loro vita.
La musica, nel frattempo, non li aveva abbandonati un attimo. A tratti surclassata dal clamore della folla, era comunque tutta attorno a loro. Vicino ai grattacieli e ai negozi era un susseguirsi di jingle e réclame, mentre dentro i negozi suonava la musica più varia e vivace, sia giapponese che internazionale. Nel baracchino in cui avevano cenato, invece, suonavano brani lenti, melodici e ovviamente incomprensibili che i due turisti diedero per scontato fossero i più tradizionali enka e il loro pensiero andò subito, riverente, al buon Marrabbio, padre di Licia. O Yakko, che dir si voglia.
Ritrovarono la strada dell’hotel solo grazie al navigatore del cellulare e all’onnipresente wifi cittadino. Già stanchi del viaggio, si erano svestito di ogni energia residua in quell’esplorazione notturna e crollarono addormentati qualche attimo prima che le loro teste toccassero i cuscini.
Nove ore dopo, erano pronti a ripartire. A mente più fresca e alla luce de sole, affrontarono la scoperta della nuova realtà in cui erano stati catapultati con metodo e determinazione. Ovvero, Sierra ci metteva il metodo, la guida, le mappe, gli itinerari. Victor ci metteva la determinazione di rovesciare qualunque piano o programmazione partendo per deviazioni e tangenti assurde e infinite ogni volta che qualche nuova curiosità attirava la sua attenzione. Insomma, nulla di nuovo nemmeno sotto il sole del Giappone.
Fu solo all’ora di pranzo, quindi, che Sierra riuscì a trascinare Victor verso quella che avrebbe dovuto essere una delle prime tappe del mattino: l’enorme statua di Gundam eretta davanti al Diver City Mall, nel quartiere di Toko, che fortunatamente proprio in quel momento si stava animando per dar vita ad una delle sue ben note trasformazioni. Questa volta, quando Victor pretese di ascoltare la soglia a tutto volume, Sierra non solo non si oppose, ma era già pronta col brano a portata e fu la prima a meravigliarsi di ricordarsi pure qualche strofa.
Mangiando del sushi piuttosto commerciale, ma in ogni caso nettamente superiore a qualunque cosa assaggiata in Patria, discussero per mezz’ora del fatto che, no, non sarebbero andati immediatamente alla stazione Ōizumi-gakuen di Narita a vedere la statua di Lamù. Era dall’altra parte della città e dopo aver cazzeggiato tutta la mattina era tempo di fare del turismo un po’ più serio e dedicare il pomeriggio a qualche tempio. A Narita sarebbero andati l’indomani.
Tre maid a Moe Point, foto di BreakdownDiode del 31/12/2012 Wikimedia Commons
KISS KISS FALL IN LOVE
MAYBE YOU'RE MY LOVE
[...]
Ciascuno ha le proprie ragioni per innamorarsi
È diverso per ognuno
MAYBE YOU’RE MY LOVE
Voglio incontrare quel te tanto gentile ora e darti un bacio al fiore di ciliegio; se il tuo cuore palpita, è un glorioso amore
Il presente è molto più importante de futuro, questo adorabile amore primaverile è la bellezza di una fanciulla in boccio!
KISS KISS FALL IN LOVE
MAYBE YOU'RE MY LOVE
[...]
スキになってく 理由はみんな
違うよね ケド
MAYBE YOU'RE MY LOVE
会いたい今 優しい君に 桜キッス トキメイタラ 蘭漫恋しよ
未来よりも 今が肝心 麗し春の恋は 花咲く乙女の美学
KISS KISS FALL IN LOVE
MAYBE YOU'RE MY LOVE
[...]
Suki ni natteku riyuu wa minna
chigau yo ne kedo
MAYBE YOU'RE MY LOVE
Aitai ima yasashii kimi ni sakura kissu tokimeitara ranman koi shiyo
Mirai yori mo ima ga kanjin uruwashi haru no koi wa hanasaku otome no bigaku
Ouran Host Club OP
-quella canzone-
Cantata da: Kawabe Chieco
Testo: Watanabe Natsumi
Traduzione della traduzione inglese disponibile su Anime Lyrics
Furono giorni meravigliosi, magici, sorprendenti. Tutto ciò che avevano mai immaginato e anche di più. Scoprirono la realtà di tutto ciò che fino ad allora avevano imparato dalle tavole a fumetti, scoprendo anche le molte differenze tra manga e realtà. Visitarono tutti gli angoli più rappresentati della città, la torre di Tokyo, le statue della stazione di Ōizumi-gakuen, i parchi, Shibuya, Shinjuku e altro ancora, oltre che angoli più nascosti, privati o spirituali. Persero un’ora in una sala giochi solo per capire come funzionava e per il gusto di farlo. Entravano in ogni negozio di elettronica e schiacciarono un numero infinito di bottoni. Sfogliarono centinaia di manga e riviste dalle scritte incomprensibili. Mangiarono cibi che fino ad allora sembravano essere solo imaginarlo. Accarezzavano Hachiko almeno due volte al giorno, partendo e rientrando alla stazione di Shibuya. Cercarono di fare tutto ciò che veniva loro in mente e di seguire ogni consiglio quantomeno stuzzicante della guida che Sierra non abbandonava mai e leggeva anche in bagno.
Una delle cose che più divertirono entrambi fu la visita ad un maid cafè, dove giovani donne giapponesi agghindate da camerierine francesi li servirono con mille attenzioni e riverenze, trattandoli da veri Padroni e con affettazioni che Sierra sicuramente avrebbe importato alla prossima cena in alto protocollo ma che, nel contesto, li fece divertire pazzamente.
Del tutto diversa ma ugualmente preziosa, la visita a una casa della tradizionale cerimonia del tè: un rituale lungo, complesso e profondo, che annoiò un po’ Victor ma commosse Sierra.
Insegna di un Love Hotel a Shinjuku (Tokyo), foto di David Monniaux del 7/11/2015 CC BY-SA 3.0 Wikimedia Commons
Per la loro ultima notte a Tokyo, prima di avventurarsi alla scoperta del resto de Giappone, si erano riservati una chicca. L’erotismo del Sol Levante era un mondo bizzarro ed inesplorato per loro, oltre che di difficile approfondimento, stantesi che i Giapponesi avevano propri circoli e propri forum tramite i quali trovarsi e confrontarsi, oltre che un codice morale e sociale estremamente alieno rispetto a quello occidentale. Ma dopo un’approfondita ricerca di avariate settimane, Sierra era riuscita a scovare un play party alla quale tutti, giapponesi e stranieri, erano i benvenuti. Era in programma, per l’appunto, proprio quella sera, in un love hotel del loro quartiere di Shibuya, famoso per avere tutta una serie di stanze a tema e innumerevoli possibilità di cosplay, travestimento e intrattenimento, erotico e non. Però l'occasione, tutti i corridoi concatenati in cui era organizzato l’hotel, il cui scopo primario era impedire agli avventori di incontrarsi tra loro, sarebbero stati aperti e i partecipanti avrebbero potuto liberamente muoversi tra una stanza e l’altra è interagire in qualsivoglia modo o maniera.
Sembrava una situazione ideale.
Arrivarono un’oretta dopo l’inizio della serata, essendosi attardati a cena in un locale di sushi particolarmente rinomato. Contrariamente a ciò che si aspettavano di trovare, la serata non sembrava ancora decollare. La partecipazione sembrava varia ma faticava a mescolarsi adeguatamente. I giapponesi presenti, tutti uomini, guardavano con diffidenza gli uomini occidentali e sembravano intimoriti dalle donne. Gli stranieri, invece, sembravano più disponibili ad interagire e conoscersi, ma si erano trovati in seria difficoltà nel navigare l’ambiente a loro disposizione, essendo tutte le insegne ed istruzioni in kanji di difficile interpretazione.
Sierra e Victor girarono un paio di volte le varie stanze, meravigliandosi dei più diversi temi offerti (c’era addirittura una stanza arredata come un vagone della metto, oltre alle più classiche alla scolastica e studio medico), ma non trovarono alcuna particolare azione o suggestione erotica in atto. Stavano quasi per abbandonare ogni speranza, rassegnatosi a sceglierei una delle stanze per uso proprio, quando da una delle stanze iniziarono ad uscire dei suoni particolari ma a loro ormai assai noti. Seguirono la musica e presto si trovarono in una delle stanze che avevano esplorato per prima, fornita di un fantasmagorico impianto karaoke.
Anche gli avventori giapponesi avevano trovato la stanza e ne avevano prontamente approfittato, iniziando una sfida canora a suon di canzoni popolari giapponesi. Gli stranieri non avevano possibilità di inserirsi. O, perlomeno, quasi tutti gli stranieri. Con nonchalance Victor si avvicinò al gruppo e iniziò a sfogliare la lista di canzoni a disposizione, fortunatamente traslitterato anche in romanji, trovando presto ciò che cercava. Dovettero aspettare un altro paio di canzoni, ma poi Victor si fece avanti e, forte anche della propria stazza che si assestava ad almeno una volta e mezza quella del giapponese più nerboruto, riuscì a far capire che voleva cantare qualcosa anche lui.
I giapponesi lo guardarono con sospetto, ma non ebbero il coraggio di opporsi. Gli lasciarono campo libero e stavano quasi per allontanarsi, sicuri che a quel punto sarebbe cominciata una sfilza di canzoni internazionali per loro poco interessanti, quando Victor si giocò il suo asso nella manica. Suonarono le prime note della sigla prescelta e i giapponesi si guardarono curiosi. La musica proseguì e si fecero interessati. Poi Victor iniziò a cantare, con pronuncia assai approssimativa e intonazione decisamente amatoriale, ma innegabilmente giapponese. Più che giapponese: Daitarni III! Praticamente una pietra miliare dell’animazione giapponese. I locali impazzirono di gioia e iniziarono a ridere, applaudire e, i più coraggiosi, dare sonore pacche sulle spalle al coraggioso cantante occidentale.
Per vero, quella notte cantarono tutti molto più di quanto scoparono. Ma cantarono sempre più svestiti e sempre più ubriachi e presto alle canzoni giapponesi si mischiarono quelle internazionali senza che i giapponesi si allontanassero sdegnosi. Gli altri partecipanti all’evento trovarono la stanza e furono coinvolti nella baldoria generale, finché qualcuno poi non iniziò anche ad allungare le mani e scostare slip di pizzo e cotone e l’erotismo prese lentamente il posto de karaoke, in un turbinio di lingue, arti e organi sessuali, con poco riguardo di chi stava scolando con chi. Poco kinky, forse, ma un’orgia tanto improvvisata quanto decisamente riuscita. Uscirono dal lovo hotel solo alle prime luci dell’alba.
Fu così che le sigle degli anime furono la leva che consentì agli stranieri di mischiarsi ai giapponesi in un play party internazionale che stentava a decollare. Alla faccia di Sierra che prima di partire si era dimostrata tanto scettica.
Ciliegi in fiore
Pixabay
Io sono prigioniera
Abbracciami
stretta da dietro
Le parole straniere che mi sussurri sono un po’ struggenti e romantiche
Sono tua prigioniera
Io sono prigioniera
Stanotte, tu
mi hai abbracciata teneramente
Anche dopo l’arrivo della luce del mattino,
i tuoi occhi scuri
brillano ancora innanzi a me
Io sono prigioniera
私を背中から抱きしめて
囁く貴方の国の言葉は
すこしだけ切ないロマンティーク
貴方のとりこ
Io sono prigioniera
今夜貴方は
私を優しく包んでくれた
けれど朝の陽に照らしても
黒い瞳は私に
そのまま きらめくの
Io sono prigioniera
Watashi wo
senaka kara dakishimete
Sasayaku anata no kuni no kotoba wa
sukoshi dake setsunai romanti-ku
Anata no toriko
Io sono prigioniera
Kon'ya anata wa
watashi wo yasashiku tsutsunde kureta
Keredo asa no hi ni
terashite mo kuroi
hitomi wa watashi ni sono mama kirameku no
Record of Lodoss War
Cantata da: sherry
Testo: Arai Akino
Traduzione della traduzione inglese disponibile su Anime Lyrics
Il giorno successivo alzarsi fu quasi impossibile. Ma era il loro ultimo giorno a Tokyo e non volevano perdersi uno dei principali motivi che li aveva spinti a partire. Uscirono dall’hotel un po’ più tardi de solito, ma in tempo per procurarsi due bento e una coperta, prima di saltare sul primo treno diretto a uno dei parchi più grandi della città. Lì li aspettava il panorama giapponese per eccellenza: un intero parco di ciliegi in piena fioritura.
Si fecero strada tra i numerosi gruppi, coppie e famiglie che già affollavano il parco e trovarono un angolino in cui stendere la propria coperta. Mangiarono i due bento, poi si stesero ad ammirare la distesa di fiori rosa che li circondava. Non ammirarono a lungo. Poco tempo dopo si erano nuovamente assopiti, l’uno tra le braccia dell’altro, sognando tutto ciò che avevano già vissuto e sperimentato e tutto quello che ancora c’era da scoprire nel resto del Giappone. Ciascuno aveva in un orecchio un auricolare che suonava sigle di cartoni animati.
Sicuramente compariranno ancora.
Mae West
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