Smetto Quando Voglio: Ad Honorem

Uno dei tanti meriti di Breaking Bad è che esso ha saputo prevalicare i confini che separano la celebrazione dall'ispirazione.

La serie tv di Vince Gilligan oltre ad essere ed essere stata osannata da pubblica e critica per anni ed essere diventata cult ha avuto il merito di spingere molti autori e registi a ricercare temi, ambientazioni, atmosfere e coraggio della serie con protagonista Walter White.

Da quell'ambizione sono nati prodotti di genere con chiara ispirazione breakingbadiana, pensate alla recente La Casa di Carta o ad Ozark.

L'influenza di Breaking Bad è stata potentissima soprattutto riguardo 2 aspetti:

  • La rivalsa dell'uomo comune nei confronti di una società costruita per affossare le persone comuni e relegarle al ruolo di inutili passanti sulla strada della vita
  • La caratterizzazione di un personaggio buono che riesce ad essere cattivo, ad andare oltre divenendo al tempo stesso villain e antivillain. 

Quando nel 2014 Sidney Sibilia, alla sua prima esperienza sul grande schermo, portò al cinema Smetto Quando Voglio partì proprio dal primo punto e non è un caso che lo stesso regista pochi mesi dopo dichiarò di essersi ispirato senza se e senza ma alla storia di Walter White ed il suo alterego Heisenberg.

Per chi avesse visto Breaking Bad la citazione, l'omaggio e l'influenza che la serie ha avuto sull'opera prima di Sibilia è stata particolarmente evidente e gradita, per molti rappresentò "solo" un film nuovo, fresco ed originale che provava a raccontare la situazione drammatica dei lavoratori e laureati italiani con toni leggeri ma al tempo stesso pieni di sfumature che giocavano su diverse scale di grigi.

Che Smetto Quando Voglio sarebbe diventata una trilogia non se lo sarebbe aspettato nessuno e invece dopo il primo capitolo siamo arrivati ad un terzo, Smetto Quando Voglio: ad Honorem, passando per il film di mezzo intitolato Smetto Quando Voglio: Masterclass.

Se il primo capitolo era stato atomico ed il secondo una piacevole conferma non possiamo esprimere la stessa soddisfazione per l'ultimo capitolo della trilogia.

Immagine priva di diritti di copyright

Ritroviamo la nostra "banda" di cervelli rinchiusa in gattabuia dopo gli eventi del secondo film e alle prese con la scelta di patteggiare o meno per ridurre i propri anni di permanenza in carcere.

Sarà la probabilità di un imminente attacco terroristico a spingere gli innovatori delle smart drugs ad evadere dal carcere e sventare il pericolo.

Il film soffre delle stesse problematiche che avevo evidenziato qualche giorno fa parlando di Deadpool 2.

La trama soffre di qualche faciloneria e se ormai conosciamo fin troppo bene impulsi e dinamiche che regnano fra i singoli membri della banda avvertiamo troppe volte un senso di "gia visto".

Cosi come in Deadpool 2 anche qui sembra tutto troppo uguale ai film precedenti. La pellicola vista e giudicata come singolo film resta di pregevole fattura e mette in risalto tutti i buoni spunti che avevamo apprezzato nei capitoli precedenti. Essendo la terza di una trilogia non riesce però mai a distaccarsi dal proprio passato destando troppe, troppe volte un senso di dejavu.

Si ride tanto e anche di gusto, su questo non vi è dubbio e spesso lo spettatore è portato a riflettere sulla condizione di precarietà che sovrasta i giovani italiani oggi.

Erano tutte cose gia dette, gia viste.

Il cast è come sempre perfetto e ben amalgamato, l'alchimia raggiunta è indiscutibile ed anche le new entry riescono a ritagliarsi il proprio legittimo spazio.

Alcune scelte nuove, come l'uso del flashback, appaiono forzate e troppo citazioniste destando non pochi dubbi sull'attenzione ai dettagli prestata in fase di stesura del copione.

Lo spettatore troppe volte riesce ad intuire quanto accadrà nonostante appaia chiaro l'intento di voler sorprendere, di voler creare tensione e agitazione in chi guarda il film.

Anche su questo il film fallisce, implodendo su stesso.

Smetto Quando Voglio più che sembrare la chiusura di una trilogia sembra essere una scialba copia dei primi 2 episodi della saga.

Resta apprezzabile l'essere riusciti a portare nei cinema italiani un genere abbastanza innovativo portandolo ad una buona qualità per ben 3 capitoli, mantenendo anima e logicità inalterati, fidelizzando e ammaliando lo spettatore con uno stile nuovo e riconoscibilissimo.

Sibilia dopo essersi ispirato a Breaking Bad ha dato l'impressione di ispirarsi troppo spesso a se stesso, generando un film che si è specchiato troppo in se stesso senza riuscire a trovare guizzi e forme di espressione nuove e nuovamente esaltanti.

Il cinema italiano deve molto alla creatura di Sibilia, capace di portare novità e stile internazionale di ampio respiro nella penisola ma a questo punto vien da chiedersi:

quando il regista vorrà smettere di "spremere" la sua meravigliosa creature?

Speriamo presto.

Prima che sia troppo tardi.

H2
H3
H4
3 columns
2 columns
1 column
Join the conversation now
Logo
Center