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Hello my Steeming pals!
Tra le moto-scorrazzate in cui mi sono lasciato trascinare, quella che mi portò sulle dune del Nord Africa fu senz’altro particolare.
Controllo moto in terra magrebina
A quel tempo (quasi dieci anni fa) ero in possesso di una rarissima Kawasaki KLX 650C. Era una specie di SUV a due ruote: in apparenza una moto capace ma in realtà non proprio una mezzo da fuoristrada.
Non mi lasciai comunque intimorire dai limiti del mio mezzo e forte del sostegno dei compagni di avventura decisi di partecipare alla gita magrebina. Cosi Mario, Paolo ed io ci trovammo una mattina d’Aprile e dopo aver caricato le nostre moto sul furgone partimmo alla volta dell’oasi Ksar Ghilane in Tunisia per conquistare le dune del Sahara.
La tenda a Ksar Ghilane
Ci vollero ore di traghetto e pure una giornata intera di strada dissestata in terra tunisina per giungere finalmente alla nostra meta. Una volta arrivati, ci accampammo alla meglio in una delle numerose tende tradizionali messe disposizione dai gestori dell’oasi.
Il giorno successivo affrontammo le nostre primissime dune, sognando i piloti, nostri eroi, della Parigi Dakar. Quanto eravamo illusi ed inesperti!
Posso assicurarvi che condurre la mia moto su quelle dune africane fu uno degli impegni fisici più difficili di cui abbia memoria. La guida su sabbia si rivelò molto più impegnativa di quanto potessi immaginare. Occorreva velocità, fede nelle leggi della fisica (inerzia), coraggio ma soprattutto parecchia incoscienza e forza fisica. Infatti le cadute furono moltissime e garantite (decine in una giornata) e sotto il sole del Sahara ci stancammo in fretta di sollevare le nostre moto ogni volta dopo un ribaltone. Mantenersi idratati era d’obbligo.
Passammo le giornate a girovagare tra le dune e piano piano migliorammo in abilità, sicurezza e tecnica. Grazie ai nostri navigatori satellitari era facile raggiungere i punti di ristoro sparsi nel mare di dune attorno a noi. Erano poco più di capanne di legno, chiamate ironicamente bar oppure caffe, ove era comunque possibile comprare acqua, qualcosina da mangiare e all’occorrenza fare anche rifornimento di benzina la quale veniva conservata in taniche di metallo sepolte nella sabbia.
Una sosta al bar
Mah, la mia KLX non era fatta per quegli ambienti (e nemmeno il suo padrone a dire il vero). Ecco che all’imbrunire della terzultima giornata della nostra avventura, la mia Kawasaki si spense dopo l’ennesimo capitombolo e non ne volle più sapere di ripartire. Insieme ai miei compagni aprimmo la scatola del filtro dell’aria e con orrore vidi che la spugna del filtro era quasi del tutto abrasa e consumata dalla silice fine. Provammo a smontare il carburatore per una pulita. Nulla da fare.
Una spianata con poca sabbia
“Ok John noi andiamo ti lasciamo qui con la moto. Torniamo al campo per prendere qualche attrezzo e torniamo domani mattina con le prime luci dell’alba”.
Cosi mi dissero i miei “amici” e dopo essersi sincerati che avevo acqua sufficienza presero il punto della mia posizione con i loro gps e sparirono sopra le dune con le loro moto.
Li osservai allontanarsi con un pizzico d’ansia e poi venni avvolto dal silenzio. Mi ricordai che a qualche chilometro di distanza avevamo passato un accampamento di tende, un punto di ristoro simile ad altri visti nei giorni passati. Decisi di raggiungerlo pensando che forse li avrei potuto passare la notte al coperto anziché fuori all’aperto.
Chiusi il blocca sterzo della mia adorata moto e conscio che forse non l’avrei mai più rivista mi misi in cammino nella sabbia confidando nel buon funzionamento del mio navigatore gps. Dopo un ora di strada a piedi, dalla cima di una duna vidi con sollievo l’accampamento che cercavo.
I ragazzi che gestivano il campo capirono subito il mio dramma. Parlavano in francese ma conoscevano pure qualche parola d’inglese. Chiesi a loro se fosse possibile rimanere a dormire al coperto quella notte.
Ne seguì una serata memorabile. Venni invitato a cenare con i gestori e li aiutai a prepare del cuscus che venne servito con carne di agnello in abbondanza. Consumammo la cena tutti insieme attorno alle fiamme di un fuoco da campo sotto un cielo limpido e stellato. Il più anziano del gruppo, un uomo sulla sessantina raccontò una sua avventura avvenuta da ragazzo, durate il servizio di leva. Ci raccontò di come abbandonò una marcia con il proprio plotone in mezzo alle dune per inseguire un cammello che carico di munizioni era scappato dalla carovana militare. La rincorsa durò per ben tre giorni e portò il protagonista fino in terra Algerina.
Passarono le ore tra risate e domande. Qualcuna venne rivolta anche a me:
“Si è rotta la moto? Da dove vieni? Ti piace il deserto? Anche da te si deve fare il servizio militare? Usate i cammelli?”
Poi, nelle prime ore del mattino scorgemmo i fari di un “pick up” farsi strada nella notte verso l’accampamento. Era una visita attesa, il conducente trasportava taniche di benzina per il campo.
Intravidi subito una opportunità e concluse le faccende della benzina per il campo mi avvicinai al conducente del pick up per proporgli un affare. Ci stringemmo la mano. Ero soddisfatto, per qualche decina di euro mi ero assicurato il recupero della Kawasaki ed un passaggio con essa sul retro del pick up fino al campo di Ksar Ghillanne.
E cosi fu. Grazie al gps ritrovammo la mia moto laddove l’avevo lascia ore prima e la legammo sul cassone del fuoristrada. Il conducente del pick up era esperto di guida su sabbia e riuscì a navigare tra le dune al buio con la sua 4x4 con sbalzi e pendii e qualche spinta (da parte mia) ogni tanto fino a raggiungere una strada.
Nel giro di un paio d’ore venni scaricato con la mia moto alla tenda di Ksar Ghilane. Stava albeggiando e Mario e Paolo dormivano ancora.
Quando videro la mia KLX parcheggiata accanto alle loro moto mi confessarono che credettero che mai si sarebbe potuta recuperare dalle dune!
Uno straniero in moto desta sempre curiosità!