L'Inter 1939/40, rinominata Ambrosiana per volere del regime fascista. Immagine di pubblico dominio
Da appassionato di calcio e sport in generale, mi hanno sempre affascinato gli almanacchi contenenti le storie dei tornei passati, spesso in grado di andare oltre alle pure vicende sportive per raccontare anche delle varie situazioni che il nostro Paese viveva in quei determinati momenti.
Nascosti nelle pieghe del tempo esistono campionati dei quali la probabilmente la maggior parte degli appassionati ignora vicende e risultati, ma che se riportati alla luce sono in grado di emozionare alla stessa maniera, se non di più, delle questioni più recenti.
E così che oggi voglio parlarvi del campionato che andò in scena a cavallo tra il 1939 e il 1940, l'unico a disputarsi in un Europa travolta dalla guerra scatenata dalla furia nazista, in uno scenario surreale di grande preoccupazione ed ansia, nel quale il calcio rappresentava probabilmente la principale fonte di svago della popolazione.
Dopo il quinquennio di successi della Juventus, tra il 1930 e il 1935, la sfida tra Inter e Bologna caratterizzò il periodo immediatamente successivo, con i felsinei capaci di aggiudicarsi tre titoli (1936, 1937 e 1939) e i nerazzurri abili a laurearsi campioni d'Italia nel 1938.
La nuova stagione prometteva di riproporre il duello al vertice tra le due squadre, anche se i meneghini dovettero fare a meno praticamente per l'intero anno del fuoriclasse Giuseppe Meazza (che oggi da il nome allo stadio di San Siro), capitano dell'Italia campione del mondo in Francia nel 1938, colpito da gravi problemi ad un piede, ed i campioni d'Italia del Bologna non fecero innesti significativi in chiave mercato.
Fu così che a riempire le cronache sportive inizialmente ci pensarono altre tre squadre: il Venezia neo promosso, capace di resistere in testa alla classifica fino all'ottava giornata, la Triestina, allenata dall'oriundo italo-argentino Luis Monti (campione del mondo con la nazionale di Vittorio Pozzo nel 1934), e soprattutto il Genoa (allora Genova per imposizione fascista), prima squadra in Italia ad adottare il rivoluzionario schema chiamato WM, inventato in Inghilterra da Herbert Chapman e ora portato nel Belpaese dal tecnico della squadra ligure, l'inglese William Garbutt.
Rappresentazione del metodo WM.
Image by Mario Ortegon, CC BY-SA-1.0
Nella seconda parte del girone d'andata, le due favorite cominciarono gradualmente ad ingranare, ma i genoani non demorsero, rimanendo incollati alla vetta della classifica: alla fine del girone d'andata il Bologna comandava la graduatoria con 20 punti, tallonato ad una solo lunghezza di distanza da Genova ed Ambrosiana.
La formazione di Garbutt continuò a stupire fino a Febbraio, toccando il punto massimo del suo torneo alla quarta giornata di ritorno, quando travolgendo in casa la Lazio con un perentorio 4-0 agguantò in testa alla classifica il Bologna, contemporaneamente fermato sul campo del Torino, per poi crollare, probabilmente incapace di reggere la tensione e la responsabilità di un campionato al vertice, e raccogliere solo 7 punti nelle ultime dieci partite.
Bologna ed Ambrosiana si ritrovarono così nuovamente a duellare, con i bolognesi in testa fino a cinque giornate dalla fine, quando complice il pareggio 1-1 sul campo del Bari, vennero agguantati dai nerazzurri, contemporaneamente in grado di passeggiare 3-0 sul campo della Fiorentina.
La mini crisi dei campioni d'Italia proseguì nel turno successivo, con la sconfitta 1-0 sul campo della Juventus a favorire la fuga dell'Inter, vittoriosa sull'ormai spento Genova, acuendosi in maniera apparentemente definitiva alla terzultima giornata, con il pareggio sul campo del Napoli e la concomitante vittoria dell'Ambrosiana sulla Lazio ad ampliare le distanze in classifica a tre punti.
Il Genoa, squadra rivelazione dell'anno, chiuderà il torneo al quarto posto. Immagine di pubblico dominio
Si giunse pertanto alla penultima giornata, che nell'immaginario di tutti avrebbe dovuto rappresentare lo snodo decisivo per lo scudetto nerazzurro, anche se, nel calcio, le cose sovente non vanno come ci si aspetterebbe: l'Inter si presentò supponente e svagata a Novara, risultando incapace di reagire al gol iniziale dei piemontesi, mentre il Bologna, ormai già rassegnato al secondo posto, si trovò incredibilmente tra le mani un'altra chance, portandosi ad un solo punto di distacco dopo aver battuto sul terreno amico la LIguria (in qualche modo antenata dell'attuale Sampdoria).
Lo scherzo del calendario volle che incredibilmente all'ultima giornata fosse in programma, come una finale, proprio lo scontro diretto Ambrosiana-Bologna, che avrebbe deciso in novanta minuti l'esito di un intero campionato.
All'Arena di Milano accorsero quarantamila spettatori, facendo registrare l'incasso record per l'epoca di 471 mila lire; l'Inter, contrariamente a quanto fatto la Domenica precedente in Piemonte, partì aggredendo l'avversario, e il goal di Ferraris II al 9' minuto regalò ai padroni di casa il tanto agognato scudetto.
Dopo una settimana dall'ultima partita del torneo, l'Italia, che aveva sperato invano in una conclusione lampo del conflitto scatenato dall'alleato nazista, dichiarò guerra alla Francia e alla Gran Bretagna; il campionato di Serie A, per volere dello stesso Mussolini e della sua folle propaganda, sarebbe continuato, anche sotto i bombardamenti, nei due anni successivi, in un clima surreale di paure, accuse e sospetti.
Ma questa, è un'altra storia. Grazie.