Read this post in your language with Google Translate! Ricordate il marasma suscitato all'annuncio della nascita della Super League, il nuovo trofeo semi-elitario voluto da 12 top club europei? E la ritirata frettolosa di nove di questi ultimi, pronti ad abbandonare la nave dopo nemmeno ventiquattr'ore con il capo chino, a fronte delle minacce dell'UEFA, lasciando in avanscoperta solo le tre sorelle ribelli, Juventus, Barcellona e Real Madrid? E che dire della scorsa estate, passata tra accuse reciproche, carte bollate, spettri di squalifiche e di estromissione dai campionati nazionali agitati a giorni alterni, ma smentiti in un batter d'occhio dalle sentenze dei tribunali, tanto da indurre alla resa Ceferin e soci e a costringerli a congelare tutti i provvedimenti presi fino a quel momento? Questi argomenti, che tanto ci avevano appassionato soltanto qualche mese fa, dividendo i tifosi europei in due fazioni ben distinte, sembravano finiti improvvisamente nel dimenticatoio, almeno fino alle ultime ore, quando sono stati resi noti alcuni dettagli sulla prossima Champions League, che dal 2024 cambierà format per accontentare le richieste dei grandi club. Già, perché la Super League altro non era che il tentativo disperato di alcune tra le più importanti realtà del Vecchio Continente, di far fronte allo tsunami economico scatenatosi in seguito allo stop dei campionati e alla chiusura degli stadi. Secondo i soci fondatori del nuovo torneo, la Champions League garantiva incassi troppo bassi, mentre il neonato trofeo si era rivelato capace di garantirsi, in poco tempo, contratti di sponsorizzazione multimilionari, in grado di sistemare i bilanci dei partecipanti. In altre parole, la solita questione di soldi. L'UEFA, in barba a tutte le leggi europee sul libero mercato, da sempre descritte come una delle panacee di tutti i mali, aveva reagito rabbiosamente, immaginando il disastro economico che una competizione rivale avrebbe potuto apportare al proprio monopolio, e non potendo far altro che prendere atto dell'impossibilità di impedire la nascita della Super League, ha cercato di giungere ad un compromesso che riportasse in qualche modo la pace. I club si lamentano dei macati introiti? Ecco servita la soluzione: i ricavi complessivi della Champions League, derivanti dai diritti TV e dal merchandising, saliranno fino all'astronomica cifra di cinque miliardi di euro a stagione, aumentando così il proprio valore di oltre il 40%. Ai club spetterà una fetta più ampia della torta, dato che verrà modificato anche il format, assicurando a tutti ben quattro partite in più nella prima fase. A partire dal 2024, tutti i partecipanti alla nuova Champions League, che passerà da 32 a 36 club, giocheranno almeno dieci gare (contro le sei previste nella formula attuale), divise equamente tra casa e trasferta; i cinque avversari del primo turno verrano sorteggiati sempre in base al criterio delle "fasce", derivante dal ranking europeo, ma i risultati dei vari raggruppamenti confluiranno in una mega classifica unica, che promuoverà direttamente agli ottavi di finale le prime otto, relegando al play-off le formazioni dalla nona alla ventiquattresima. Insomma, una rivoluzione epocale, che potrebbe rivelarsi sufficiente a mettere fine, una volta per tutte, alla disputa sulla Super League. Come ulteriore gesto distensivo inoltre, l'UEFA ha voluto pensare anche a soddisfare le richieste dei top club, inserendo per questi ultimi una specie di salvagente: se fino al 2023 infatti, la partecipazione alla Champions League è prevista solo su base meritocratica, dall'edizione successiva quattro wild card verranno riservate per quelle società ai primi posti del ranking europeo, rimaste fuori nel proprio campionato dalle posizioni utili per la qualificazione alla competizione. In altre parole, alle varie Bayern Monaco, Barcellona, Real Madrid, Juventus, Chelsea o Paris Saint Germain, che dovessero andare incontro ad un'annata storta, terminando il campionato nelle posizioni di rincalzo e riuscendo a qualificarsi solo per una delle competizioni minori (Europa League o Conference League), verrà comunque garantito l'upgrade alla Coppa più prestigiosa, una sorta di premio alla nobiltà acquisita, tanto osteggiato dalla stessa UEFA in quanto ideologia alla base della Super League. Basteranno queste nuove coordinate per mettere da parte una volta per tutte le dispute e far accantonare per sempre il progetto di una nuova competizione rivale della Coppa dalle grandi orecchie? Solo il tempo potrà dirlo, ma la sensazione è che alla fine, almeno per il momento, anche i club più irriducibili si asterranno dal proseguire la sempre rischiosa via della battaglia legale, accettando il dolce fiele dei nuovi quattrini loro riservati. Tutti contenti, si dirà, ma esiste l'altra faccia della medaglia. In questo scenario rimanere tagliati fuori dalla Coppa più importante potrà davvero rappresentare un colpo di grazia alle ambizioni di molte società. La differenza, a livello economico, tra il partecipare alla Champions League o alle altre competizioni europee diventerà ancora più ampia di quella attuale, con il rischio in questa maniera di cristallizzare, nei vari campionati, le posizioni di vertice. I club cosiddetti "ricchi" diventeranno sempre più ricchi, forse aumentando l'imprevedibilità in Europa, ma svilendo ancor di più il ruolo dei vari campionati nazionali. E così, il sogno del ragazzino di provincia, che arriva a giocare con le stelle europee difendendo i colori del suo "piccolo" club, tanto caro all'UEFA, rischia di rimanere possibile tra poco solo sulla carta. In barba a tanti proclami ed ideologie, come se, fin dall'inizio, non fosse stata solo una questione di soldi.
Photo by Kieran Lynam, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons
Photo by Антон Зайцев, CC BY-SA 3.0 GFDL, via Wikimedia Commons